Il lungo cammino del TTIP

Da due anni Europa e Stati Uniti discutono del TTIP(Transatlantic Trade and Investment Partnership), trattato che mira a creare il più grande mercato economico mondiale.
La negoziazione ha suscitato un grande dibattito in Europa sopratutto in grandi Paesi come la Francia e la Germania, quest'ultima protagonista di una grande manifestazione nelle scorse settimane a Berlino che ha visto scendere in piazza migliaia di persone che hanno ribadito il loro "No" al trattato di libero scambio con gli Stati Uniti. In Italia, il dibattito sul tema è stato ed è tutt'ora molto flebile, a tratti inesistente. Eppure le trattative per il medesimo accordo sono state avviate nel 2013, e non qualche mese fa. Fatta qualche eccezione, il tema è stato del tutto assente sui media italiani.
Si tratta ovviamente di un tema molto complesso, questo però non giustifica l'assenza di dibattito e di discussione tecnico - politica sul tema.
Partiamo da i numeri, il trattato coinvolge 50 stati degli Stati Uniti, e 28 nazioni dell'Unione Europea, per un totale di 820 milioni di cittadini, corrispondente a quasi la metà del Pil mondiale e a 1/3 dei flussi commerciali globali. L'obiettivo delle parti è quello di abbattere le barriere commerciali fra Stati Uniti ed Unione Europea, non tanto quelle doganali, quanto quelle normative; oltre che aumentare gli scambi e gli investimenti tra gli Stati Uniti e l'Unione Europea, favorendo così la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Secondo gli studi l'accordo avrà benefici sia per gli Stati Uniti che per l'Unione Europea. Secondo i calcoli della Commissione Europea l'economia europea trarrebbe un vantaggio calcolabile in un aumento del Pil di 120 miliardi di euro, questo però dopo 10 anni di funzionamento del patto, cioè nel 2027, + 0,05% del Pil ogni anno, +0,5% in 10 anni. L'export europeo verso gli Stati Uniti aumenterebbe del di 187 miliardi di euro mentre quello americano di 159 miliardi di euro. Per l'Italia Confindustria stima una crescita del Pil di 5,6%, con la creazione di 30 mila posti di lavoro.
All'accordo si oppongono diverse organizzazioni internazionali, sindacati, i movimenti no global, ambientalisti, economisti e studiosi. La prima critica mossa dal fronte del "No" è la segretezza delle trattative e la mancanza di trasparenza.   Inoltre, secondo le organizzazioni sindacali europee l'armonizzazione delle norme sarebbe fatta al ribasso, a vantaggio non dei consumatori ma delle grandi aziende. Infatti gli Stati Uniti ricorda la CES(l'organizzazione dei sindacati europei)non hanno ratificato diverse convenzioni e impegni internazionali ILO e ONU in materia di diritti del lavoro, umani e ambientali. Il trattato inoltre danneggerebbe le PMI europee, le imprese agricole e inoltre sarebbero a rischio privatizzazione i servizi pubblici essenziali. Il tema più discusso oltre agli standard sociali, alimentari, sanitari e ambientali resta l'ISDS, un tribunale di arbitrato internazionale che ha il compito di tutelare gli investitori, infatti ogni volta che un paese firmatario del TTIP dovesse adottare una legge o una norma per la tutela dei lavoratori, dell'ambiente o dei consumatori che violasse le clausole del trattato si esporrebbe a una vertenza degli investitori privati. Ma, su alcuni di questi punti, un notevole contributo è arrivato dal Parlamento europeo con la risoluzione Lange approvata nel luglio 2015 in cui si chiede ai negoziatori della Commissione: maggiore trasparenza, il mantenimento degli standard europei, la tutela dei produttori, l'indicazione geografica, l'esclusione dal trattato dei servizi pubblici e una corte di arbitrato permanente pubblica e non privata.
Se da un lato c'è chi sostiene che l'accordo porterà più crescita, più investimenti e più posti di lavoro, dall'altro c'è chi invece ha il timore che l'accordo aumenterà i poteri delle multinazionali, metterà in ginocchio le piccole e medie imprese europee e che aprirà il mercato europeo a prodotti alimentari che non garantiscono gli stessi standard delle produzioni europee, oltre che ad un indebolimento degli Stati nei confronti delle multinazionali e alla perdita di potere contrattuale dei sindacati nei confronti di questi ultimi.

I negoziatori prevedono di concludere i lavori entro la fine del 2016.                         
In seguito l'accordo dovrà essere approvato dai 28 governi dell'Unione, dal Parlamento Europeo e dovrà essere poi ratificato dai parlamenti degli Stati nazionali, che potrebbero anche indire dei referendum.
Quello che stiamo attraversando è momento di transizione per il commercio mondiale, già dagli anni '90 stiamo infatti assistendo a continui accordi commerciali fra Paesi che hanno di fatto superato le vecchie regole del commercio mondiale.  Con questi trattati si stanno in parte riscrivendo le regole della globalizzazione e allo stesso tempo si sta cercando di arginare i BRICS. Infatti proprio qualche settimana fa i Paesi del Pacifico hanno concluso un trattato di libero scambio, Cina esclusa, il TPP.

L'Europa da questo processo non può rimanere fuori, il rischio per il Vecchio Continente sarebbe quello di diventare periferia del commercio mondiale.  Ma, allo stesso tempo, deve continuare a battersi per un trattato più giusto e più equo.                     
La soluzione per superare lo stallo dei negoziati potrebbe essere quella tracciata da diversi esperti e politici a livello europeo che ha ipotizzato una sorta di terza via, un TTIP light: cioè siglare un'intesa sugli aspetti meno dibattuti, mettendo da parte le questioni più spinose. Occorre però per arrivare ad un'intesa prendere seriamente in considerazione questa ipotesi. Ma la strada da fare è ancora lunga.

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