Piano Juncker:dove sono i soldi?


Mercoledì 26 novembre 2014 il Presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker ha presentato al Parlamento Europeo, con qualche settimana di anticipo, il piano di investimenti annunciato subito dopo la sua nomina.

Il piano prevede la creazione di un nuovo fondo europeo per gli investimenti stategici(FEIS) che sarà operativo a partire da giugno 2015, il fondo avrà un capitale iniziale di 21 miliardi di euro. Di questi 21 miliardi, 16 miliardi provengono dal bilancio UE, presi a sua volta dal fondo “connecting europe facility” fondo di 30 miliardi destinato alla costruzione di infrastrutture e da “Horizon 2020″ il programma di 80 miliardi destinato alla ricerca e allo sviluppo della UE e 5 miliardi dalla BEI. Il piano mira a raccogliere sui mercati grazie ad un effetto leva o moltiplicatore (1 a 15), 315 miliardi di euro. Dei 315 miliardi, 240 saranno destinati a progetti strategici, 75 alle piccole e medie imprese. I Paesi membri potranno investire denaro proprio nel fondo, il denaro investito non sarà computato nel calcolo del deficit.


Il nuovo fondo servirà a finanziare i progetti presentati dagli Stati nei settori più strategici: trasporti, energia, ricerca e sviluppo, ambiente, nuove tecnologie. La Commissione prevede che il piano possa aumentare il Pil nel lungo periodo di 330 – 400 miliardi e di creare 1 – 1,3 milioni di posti di l

avoro. Juncker ha inoltre dichiarato che se funzionerà potrà essere prorogato per un altro triennio, fino al 2020.
Ma il tanto atteso piano rischia di essere un vero e proprio flop.

Dei famosi 315 miliardi solo 16 miliardi vengono dal bilancio UE per di più sono risorse che vengono presi da altri fondi importanti per lo sviluppo dell’Europa, l’effetto leva è un azzardo e non una certezza, ingegneria finanziaria allo stato puro. L’esenzione dal calcolo del deficit del denaro investito, unica nota positiva del piano, rischia di essere anch’essa un flop, perché se da un lato il denaro investito dagli Stati membri non verrà calcolato nel deficit, dall’altro non è detto che il denaro investito servirà a coprire i progetti presentati dallo Stato stesso. Quale Paese è disposto a versare denaro ad un fondo che magari andrà a finanziare progetti di altri Paesi?
C’è chi ha esultato per questo piano, chi lo ha definito una svolta storica, ma qui non c’è niente da esultare e non c’è nessuna svolta.

L’Europa non ha cambiato rotta, rimane ancora ancorata ai vincoli e all’austerity, malgrado l’assenza di crescita, l’aumento della disoccupazione(sopratutto quella giovanile), del debito pubblico, della povertà e delle disuguaglianze.

Senza un piano di investimenti pubblici, con soldi veri, l’economia in Europa non ripartirà, perché come ha detto il ministro Padoan “di fronte al fallimento del mercato c’è bisogno di un’azione pubblica”.
Per fare ripartire l’Europa serve più politica, più investimenti e più coraggio, altrimenti non ci resta che sperare nel miracolo di Juncker.

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