Il taglio dei parlamentari. Gli errori e la subalternità del PD.


Il taglio dei parlamentari è stato al centro della discussione di questa crisi di governo.
E’ stata la prima condizione che il M5S ha posto al PD per formare insieme il nuovo governo.
Il PD ha detto di sì, ponendo come condizioni la revisione della legge elettorale e del sistema delle garanzie costituzionali (rivedere i quorum per le elezioni dei vari organi di garanzia). 
Si tratta di condizioni minimali oltre che necessarie.
Il disegno di legge costituzionale (n. 214-515-805-B) prevede una riduzione dei parlamentari in entrambe le Camere.
A Palazzo Madama ci saranno 115 senatori in meno (da 315 a 200), mentre alla Camera si passerà dagli attuali 630 a 400 deputati.
Ci sarà anche un taglio dei senatori eletti nella Circoscrizione estero: non saranno più 6, ma 4. 

Vengono ridotti anche i senatori a vita, che saranno sempre nominati dal Capo dello Stato, ma non potranno essere più di 5.
Inoltre, nessuna Regione o Provincia autonoma potrà avere meno di tre senatori (eccezione per il Molise e la Val d’Aosta
che avranno un solo rappresentante al Senato).
La riforma è stata già approvata al Senato (in doppia lettura) e alla Camera manca il secondo passaggio per l’approvazione definitiva. 

Il disegno di legge costituzionale è stato approvato a maggioranza semplice per questo sarà possibile chiedere un eventuale referendum confermativo.
Chiaramente l’approvazione di questa riforma chiederà un nuovo sistema elettorale che molto probabilmente sarà proporzionale.
I Cinque Stelle hanno ripetuto come un mantra “finalmente si tagliano 345 poltrone e si risparmia”. Premesso che il risparmio è misero si stima dai 50 ai 100 milioni di euro (la spesa pubblica italiana è superiore a 800 miliardi) ma una riforma così confezionata non serve al Paese.
Serve solo ai Cinque Stelle, i quali sbandiereranno agli italiani il drappo della battaglia contro la casta (ma dal 2013 anche loro sono casta).
Questo non vuol dire essere contrari al taglio dei parlamentari. Ma non così.
Questa riforma non serve al Paese perché non supererà il bicameralismo partitario, non darà più stabilità ai governi, non darà voce alle Regioni all'interno del procedimento legislativo e non risolverà i problemi di competenza legislativa tra Stato e Regioni.
Al netto di quello che proporrà il PD riguardo la legge elettorale e il sistema delle garanzie, in prospettiva non vedo una stagione di riforme costituzionali utili e forti che servono al Paese e al sistema Italia, ma soltanto una riforma che andrà ad alimentare il populismo e la propaganda.
Il PD, data la prospettiva temporale (almeno sugli intenti e le dichiarazioni) di questo nuovo governo o di questa nuova maggioranza, avrebbe dovuto o dovrebbe cercare di alzare l’asticella andando oltre il mero taglio dei parlamentari.
Rinunciando a questa prospettiva il PD rinuncia ad un pezzo delle sue battaglie e della sua storia.

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