Ad esempio a noi piace il SUD #5
Quando il Ministro dei beni e delle attività culturali e del
turismo annunciò che la Capitale della cultura europea 2019 sarebbe stata
Matera, piazza Vittorio Veneto è esplosa in un tripudio di urla festose e di
contagiosa euforia; è facile capire il perché: è passato non tanto tempo da
quando Matera era considerata “la vergogna d’Italia” per le condizioni pessime
in cui i materani riversavano abitando i Sassi nella assoluta povertà. Matera e
la Basilicata tutta, a quel tempo, era inerme, abbandonata.
Furono Togliatti e
De Gasperi, dopo una loro visita nella città dei Sassi, nel ’48, a sollevare la
questione Matera e nel ’52 vennero stanziati fondi per costruire una nuova
città con l’obiettivo di accogliere i circa 15000 abitanti delle ‘case grotte’.
I Sassi, allora, conoscono la solitudine causata dall’abbandono che termina
quando, nel 1986, con una nuova legge nazionale, venne decretato il recupero
degli antichi borghi rupestri. Ci si rese conto che la Bellezza storica ed
estetica che esprimevano i Sassi non aveva eguali. Nel ’93, dall’UNESCO,
vennero dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità.
La storia di Matera
rappresenta il riscatto di un’intera regione, la Basilicata, che nel passato ha
conosciuto solo abbandono, miseria e degrado sociale.
E’ passato tanto tempo dal ’52. Che si sia andato incontro
ad un cambiamento? Sicuramente le condizioni sociali di ora sono molto diverse
da quelle di un tempo: il punto è capire e ragionare sulle condizioni
economiche in cui il popolo lucano vive. I dati ci dicono che il PIL lucano
registra un aumento del 5.5% e che le esportazioni, secondo Svimez, presentano
un’impennata non indifferente di circa 145%.
Merito anche, e
soprattutto, della FCA di Melfi che può essere considerata come il fiore
all’occhiello dell’industria lucana. Non solo Melfi però: l’impresa petrolifera
regionale che regge quella nazionale, con le estrazioni di greggio nella Val
d’Agri (ecco perché, goliardicamente, la Basilicata è considerata il Texas
d’Italia), l’agricoltura della fascia metapontina con l’esclusività su alcuni
prodotti: si pensi alla Fragola ‘Candonga’ di Policoro o al peperone di Senise
(per gli affezionati U P’pun r Senis);
ancora, l’ormai noto ‘Amaro Lucano’ con sede a Pisticci e la seconda diga
europea per estensione in terra abbattuta situata nei pressi del Monte Cotugno.
Guardiamo al settore turistico: Matera, con la sua bellezza,
è annoverata tra le mete più desiderate a livello mondiale e è stata una tra le
città più fotografate nel 2016, così come il ‘Paese Fantasma’, Craco che,
recentemente, “ha stregato anche il Giappone”. Ultimamente anche Maratea sta
prendendosi la sua rivincita, attirando turisti da ogni dove grazie al suo
splendido mare che, nel 2016, insieme a Policoro, ha ottenuto la bandiera blu.
Oppure si pensi al Parco Nazionale del Pollino, che divide la Basilicata dalla
Calabria.
La nota dolente, però, arriva quando ci si rende conto che
il Pil pro-capite lucano ha subito una brusca decrescita: dai 19.000 Euro c.ca
del 2008 ai 13.000 del 2015. Allora perché, nonostante queste meraviglie e
fortune che la regione possiede il popolo lucano continua ad impoverirsi?
Perché, la Basilicata, è al 17° posto per occupazione? Perché la
disoccupazione, in particolare quella giovanile, segna livelli preoccupanti?
Storicamente ‘il popolo brigante’ venne sempre saccheggiato già da prima
dell’unione; oggi la situazione, se pur in un contesto completamente diverso,
non è così tanto differente.
La ricchezza che la regione produce non viene
riflessa nei benefici del singolo cittadino generando così uno spaccato sociale
tra gli stessi abitanti. I giovani ragazzi, costretti a lasciare la propria
terra per motivi, molto spesso, legati allo studio non fanno più ritorno
aumentando così il dislivello culturale.
C’è bisogno di investimenti concreti
nelle infrastrutture lucane: si pensi che Matera non possiede la stazione
ferroviaria. Le grandi opere lucane devono partire. Risultato strepitoso –
degli ultimi giorni- è stato ottenuto con il Freccia Rossa.
C’è bisogno di
investimenti grossi nel settore terziario, le imprese devono poter creare
ricchezza e, soprattutto, lavoro.
Le esportazioni dell’agro-alimentare devono
aumentare e bisogna fornire i mezzi perché questo avvenga. Bisogna, laddove
presente, sconfiggere il fenomeno del caporalato che al meridione dilaga. Anche
qui, soprattutto dall’ultimo governo, tanto è stato fatto. Ma c’è anche bisogno
che le istituzioni e il popolo lucano smettano con la politica del vittimismo:
bisogna nutrire rispetto e benevolenza verso il proprio territorio e
rimboccarsi, uno per uno, le maniche perché solo così il proprio paese, città o
regione può riprendersi.
La Basilicata-dice Papaleo in un suo film- è un po’ come il
concetto di Dio: o ci credi o non ci credi. Noi crediamo nella Basilicata?
Giambattista Buongiorno
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